Liti “bestiali” tra coniugi e inevitabilmente si finisce in tribunale per separarsi e ripartirsi i beni…
In caso di separazione di una coppia, che fine fa l’amato animale?
E’ bene sapere che le parti ben possono disporre la collocazione dell’animale domestico, cane, gatto, coniglio, furetto o chi per esso.
Certo, questo è possibile solo se c’è la buona volontà degli ex amanti di mettersi d’accordo.
Purtroppo, infatti, in tribunale ci sono addirittura cause perché ex coniugi si contendono il possesso di Fido o di Micio (ma non escluderemmo anche di altri animali…)
I giudici si trovano pertanto a decidere non soltanto sull’affidamento dei figli e a chi spetta la casa coniugale, ma pure il contendere del cane o del gatto.
Guardando comunque la questione con una visione ottimista, il contendersi la detenzione dell’animale domestico, manifesta una forma di amore ed interesse per quest’ultimo.
La cronaca quotidiana, infatti, spesso riporta i tristi casi di abbandono dell’animale, perché lo stesso non è più ben voluto, come pure la restituzione in canile perché è nato un bambino e (aimè!) i neo genitori ritengono tale convivenza impossibile…
Tornando alla legge che interessa l’argomento, è bene sapere che l’animale domestico può essere “oggetto” di un accordo di separazione e risultare nella spartizione dei beni tra gli ex coniugi.
Così, infatti, famosa è una recente disposizione di un giudice milanese chiamato al controllo di un accordo di separazione
Il magistrato ha confermato corretta la decisione presa dalla coppia in sede di separazione consensuale, mediante la quale i gatti di famiglia sono stati affidati alla donna, prevedendo per quest’ultima l’obbligo di provvedere al mantenimento e cura degli animali e garantendo in tal modo la continua convivenza dei gatti con la figlia minore presente in casa.
Come si legge nel decreto del giudice ambrosiano, l’animale da compagnia non è una cosa, ma un essere senziente, dotato di diritti, ed è giusto decidere la sua collocazione e relativo mantenimento nell’ambito familiare.
Il giudice ha confermato corretta la decisione già presa dalla ex coppia, prevedendo il mantenimento dei mici a carico della signora e, in merito alle spese straordinarie, il concorso da parte dell’ex marito.
In tal modo è stata garantita la convivenza con la figlia minore affidata alla madre, senza spezzare il legale sentimentale tra la stessa e i pelosi felini di casa.
Ma andiamo in là….
Il caso si riferisce a Dilan, un bellissimo Setter Inglese affidato, in sede di separazione consensuale, per 15 giorni a “mamma” e 15 giorni a “papà”.
Tutto liscio e perfetto se non che, arrivato il turno della signora, essendo periodo estivo, la stessa decide di portarlo al mare ma Dilan è sparito.
La signora contatta insistentemente l’ex marito e, finalmente, una volta rintracciato, viene a sapere che il Setter è in montagna con gli ex suoceri.
La signora si rivolge quindi al proprio avvocato per violazione dell’accordo di separazione e chiedendo l’intervento davanti al giudice per il riconoscimento dell’ingiustizia arrecatale.
Per fortuna, almeno per questa volta, l’azione giudiziaria è evitata grazie all’accordo bonario preso tramite gli avvocati di fiducia.
Dilan è rimasto in montagna per tutto il mese ma, in cambio, alla signora viene accordato, sempre mediante consenso scritto, un periodo successivo di custodia più lunga, per recuperare con l’amato cane il tempo perso.
Insomma, per una volta l’animale ci ha solo guadagnato (più vacanze e tanta attenzione) e non è la vittima di ricatti e colpi bassi tra gli ex coniugi.
Attenzione però, questa volta è andata liscia e il buon senso ha prevalso sugli interessi e sentimenti personali.
La violazione di un accordo di separazione comporta, dal punto di vista giuridico, una responsabilità.
La parte danneggiata, infatti, ben può pretendere con azione legale l’adempimento degli accordi presi, senza escludere la richiesta di risarcimento danni, ivi compreso il rimborso delle spese legali supportate per la causa.
Insomma, si consiglia buon senso e attenzione, per tutelare l’amato animale e rispettare, come correttamente espresso nella decisione del giudice milanese, i suoi diritti come essere senziente.