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I cani si sentono in colpa?

Me tapino. Sono stato marranissimo e spero che tu possa un giorno, magari subito, perdonarmi.

Una cosa di cui i proprietari di cane sono sempre stati certi è che i quadrupedi sanno quando fanno qualcosa che non avrebbero dovuto e si sentono in colpa.

La scienza ci è sempre stata contro sostenendo che, pur avendo i cani una vita emotiva ricca e complessa, tra le numerose emozioni e sentimenti che provano, il senso di colpa non c’è.

Un recente articolo del Dr. Frans de Waal pubblicato sul New York Times offre una lettura innovativa delle emozioni degli animali e, tra di loro, anche dei cani. Lui ritiene che i cani abbiano il senso di colpa e ci dice che non è il solo a ritenerlo.

Vediamo.

De Waal spiega che chi sostiene che i cani siano semplici e non provino emozioni, sentimenti e stati d’animo credono in quello che viene definito eccezionalismo umano, ossia ritengono che gli umani sono speciali, e sono gli unici a provare emozioni e sentimenti. L’eccezionalismo umano ha tanti sostenitori e altrettanti oppositori, tra questi de Waal e Mark Bekoff che spesso citiamo.

La teoria prevalente nella scienza è che esistano sei emozioni ‘primarie’ o ‘basilari’ che sono riconosciute universalmente dalle loro espressioni facciali, ad esempio la rabbia (sguardo aggrottato); la felicità (risata e sorriso) e la paura (occhi spalancati, labbra tirate orizzontalmente). Tutte le altre emozioni sono considerate secondarie, ossia un costrutto culturale che rende gli umani umani, e speciali.

De Waal ci dice che i suoi studi gli hanno mostrato invece che, come di fatto condividono tutti gli organi del corpo, umani e altre specie animali provano le stesse emozioni, che come gli organi si sono evolute nel corso di centinaia di migliaia di anni per servire funzioni essenziali. Il che non vuol dire che le proviamo nello stesso modo o che siano sviluppate nello stesso modo o che siano applicate a contesti egualmente ampi. Non necessariamente, ma ciò non toglie che nessuna emozione è fondamentalmente nuova nè che è provata da una sola specie.

De Waal continua facendo un punto con cui è dfficile non essere d’accordo. Chiede chi crede veramente che, visto che una emozione non ha una espressione facciale specifica (a differenza di quelle ‘primarie’ citate sopra), gli umani possano attribuirla esclusivamente a se stressi.

La risposta che da è un esempio riferito ai cani.

Un umano e un cane sono in casa insieme, ad un certo punto si alza, va verso la porta, la apre e prende il guinzaglio in mano, poi invece di uscire richiude la porta e torna in poltrona.

Cosa fa il cane? Quando pensa che si stia per uscire, si eccita, abbaia, guaisce, corre verso la porta; nel momento in cui si rende conto che non si esce, si rimette nella cuccia e appoggia la testa sulle zampe.

Ha vissuto due emozioni: è passato dal provare speranza al provare delusione, è indubbio e, precisa de Waal, nessuna delle due è considerata una emozione primaria per cui, secondo i sostenitori dell’eccezionalismo umano, i cani non dovrebbero provarle.

A chi obietta che non possiamo sapere come si sente realmente il cane risponde che è vero ma è egualmente innegabile che il suo comportamento esprime chiaramente un cambio di stato emotivo e quegli stati emotivi, espressi come sono dal corpo, sono perfettamente osservabili e misurabili.

Lo stesso si applica al senso di colpa, per il quale porta l’esempio di un cane che per errore (nel senso che il morso non è stato provocato nè è caninamente giustificato) morde la mano del suo umano. Uno dei taboo più grandi che esiste nel mondo dei cani, spiega de Waal, e quando succede i cani non solo se ne rendono conto ma ne sono colpiti e manifestano chiaramente il loro stato d’animo.

Un’altra emozione che si ritiene sia esclusivamente umana è il disgusto. E la prova che i cani non lo provano sarebbe quello che sono capaci di mangiare, di leccare e in cosa amano rotolarsi. Ma anche questo è discutibile, sostiene de Waal. Perchè non è che quello che è digustoso per gli umani è necessariamente disgustoso per i cani, e viceversa. Ci sono cose che sono disgustose per i cani, de Waal fa l’esempio dei limoni, e non lo sono per gli umani.

Concludendo:

Agli umani piace pensare di essere unici e speciali e un modo che usano per considerarsi tali è presentare gli animali come macchine, privi quindi di una vita emotiva, e i cui comportamenti sono semplicemente risposte automatiche a stimoli.

De Waal ci dice che l’osservazione degli animali e dei loro comportamenti rivela che qualsiasi siano le differenze tra gli umani e gli animali non umani, non sono nella sfera emotiva.

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Lauretana

La mamma umana di Oban, autrice di Senti chi Abbaia, ama la montagna, leggere e scrivere, ha un debole per la mozzarella. Pensa che i cani siano creature straordinarie e la vita con loro un'esperienza oltre l'immaginabile che, incredibile ma vero, si scopre nella sua straordinarietà ogni giorno, anche dopo tanti anni con il cane.

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