I cani hanno grandi capacità cognitive e provano tanti sentimenti, emozioni e stati d’animo.
Conoscono l’imbarazzo (che è una delle emozioni legate alla consapevolezza di sè).
Conoscono la gratitudine.
Hanno memoria di quello che vivono e le esperienze che fanno ne influenzano la visione del mondo, il comportamento e anche il sonno.
Visto questo viene da chiedersi se, subito uno sgarbo o un torto, portano rancore verso il malfattore, animale o umano che sia.
Mark Bekoff spiega che i cani hanno le capacità cognitive ed emotive per portare rancore, ricordano eventi dal passato e le memorie possono rimanere per lungo tempo.
Detto questo, il loro rancore non necessariamente è come quello degli umani così come ciò che li porta a mantenere l’arrabbiature verso qualcuno, spiega il celebre etologo.
Sia la forma del rancore sia le cause potrebbero avere forma canina, per cui ad esempio i quadrupedi pur non passando le loro giornate pensando ai torti che hanno subito e a come vendicarsi, ignorano o evitano chi ha fatto loro lo sgarbo, ed è il loro modo in cui si manifesta il loro mantenere il rancore.
Stesso discorso vale per le cause del rancore. Cosa può spingere un cane a risentirsi a lungo termine nei confronti di un altro individuo? Bekoff ipotizza, tra gli altri, il non comportarsi in modo corretto durante il gioco oppure il non partecipare alle attività necessarie per il benessere del gruppo (come abbiamo raccontato tante volte, per i cani conta più il ‘noi’ – il gruppo a cui appartengono – dell’io – loro stessi come individui – e nella loro logica esistenziale (la chiamo così non sapendo come altro definirla), tutti i membri del gruppo lavorano per il suo benessere. Tra i cani non è come tra gli umani in cui tra 10 persone 2 pagano le tasse e gli altri 8 vivono sulle spalle dei 2. Nel mondo dei cani se ci fossero le tasse, tutti le pagherebbero perchè serve alla sopravvivenza e al benessere del gruppo. (Grazie alla super Cinzia per la spiegazione!). Chi, cane o umano, non contribuisce al benessere del gruppo fa, quindi, una cosa molto grave meritevole di essere ricordata.
Detto questo, ogni cane è un individuo a sè con il suo carattere, la sua personalità e la sua visione del mondo, per cui anche in fatto di sgarbi ognuno ha le sue, maggiori o minori, sensibilità.
Bekoff invita a considerare che i cani sanno quello che fanno per cui se non vogliono interagire con un umano o con un altro cane hanno le loro ragioni ed è importante non costringerli. Uno dei motivi per cui potrebbero volersi tenere lontani o ignorare l’individuo è che ha fatto qualcosa di cui non sono stati contenti, se lo ricordano e non vogliono avere a che fare con lui/lei. Insistere che tutto va bene e forzarli non è la migliore delle soluzioni.
Cosa succede nella mente e nel cuore dei cani quando qualcuno fa qualcosa che da loro fastidio di fatto è ancora terreno inesplorato ma, spiega Bekoff, non ci sarebbe nulla di male se portassero rancore e, in ogni caso, gli umani hanno solo da guadagnare, in termini di conoscenza e di comprensione, a considerare la possibilità che i cani provino a rancore e a lavorare per capire come questo sentimento si manifesta nei quadrupedi.
Sul fronte strettamente personale posso dire che Oban è uno che se la lega al dito. Non dimentica nulla e perdona solo quelli di cui si fida. Un caso emblematico è quello del cane che lo ha montato qualche tempo fa (ne abbiamo parlato qui). Fino a che non gli è montato addosso lo incontrava con piacere, da quel momento ogni volta che lo incrociamo (e mi tengo ben a distanza) non è timido nell’esprimere il suo fastidio.
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