Lo chiamo e non viene, gli grido di non salire sul divano e lo fa lo stesso, gli grido di non leccare i piatti in lavastoviglie e non mi sente, gli ordino di sedersi e non lo fa, gli intimo di fermarsi e non sente, gli dico lascia e stringe più forte di prima. Etc. etc. etc. etc. etc.
Diverse situazioni, un unico denominatore: l’umano vuole qualcosa, il cane non la fa. Se escludiamo problemi di udito, che possono esserci ovviamente ma non sono così diffusi, una ragione del disallineamento è la comunicazione inconsapevole dagli umani verso i cani. Come abbiamo visto in più occasioni, con i cani (come con gli umani d’altronde), chiedere o, peggio, pretendere non vuol dire automaticamente ottenere.
Una altra ragione sono possibili errori nell’educazione della creatura, alcuni dei quali sono molto comuni e basta cambiare qualcosina perchè la situazione migliori in modo significativo. E’ l’argomento di oggi.
Vediamo.
Sessioni troppo lunghe
Quando pensiamo ad una lezione ci viene spontaneo pensare alla durata di 45-60 minuti. Con i cani è diverso. E’ stato rilevato che con i quadrupedi, le sessioni di insegnamento più efficaci sono quelle di durata massima di 90 secondi (un minuto e mezzo) che si ripetono più volte nel corso della giornata.
Imparare deve essere piacevole
Un tempo girava uno slogan, imparare divertendosi. I cani imparano di più, meglio e più facilmente quando l’esperienza è piacevole e stimolante. Nelle ‘lezioni’ con c’è spazio per la pressione, lo stress, l’ansia, la paura, la preoccupazione.
Corrompere invece di rinforzare
Il rinforzo è una conseguenza desiderabile di un comportamento e rende più probabile che quel comportamento sia ripetuto.
Chiamo il quadrupede > viene > lo accarezzo > gli fa piacere > la prossima volta che lo chiamo > viene.
Diverso è invogliare il cane a fare qualcosa sventolando qualcosa che si pensa lo invogli, ad esempio una squisitezza. Non si tratta di premiare ma di ‘corrompere’ e porta con se il non indifferente rischio che il cane impari a fare solo se prima vede qualcosa che vuole.
Confusione
Abbiamo visto all’inizio che uno dei problemi nella relazione tra cani e umani sono le incomprensioni: Noi inviamo segnali di cui non ci rendiamo conto e loro hanno la loro comunicazione che spesso non capiamo. A questo si aggiunge, che spesso usiamo, anche del tutto inconsapevolmente, segnali o parole diverse per chiedere la stessa cosa per cui il cane di fatto non sa cosa ci si aspetta da lui/lei. E’ una situazione che provoca incomprensione, ovviamente, e frustrazione in entrambe le parti e rende difficile l’apprendimento. Essere coerenti con le parole e i gesti è importante.
Oops, la generalizzazione
A casa si siede ma quando siamo fuori non lo fa. Nel giardino di casa appena glielo chiedo si ferma ma quando siamo per strada è come se non lo avesse mai sentito prima. Quando siamo a casa e lo chiamo arriva subito, al parco è sordo. Sono tre esempi di un problema comune: il cane ha imparato qualcosa ma il suo sapere è legato ad un determinato contesto e cambiato quello, non sa. Una parte importante dell’educazione del cane è insegnare in ambiti diversi e con livelli maggiori di distrazione. In altre parole, è importante insegnare al cane a fare indipendentemente da dove è e dalle distrazioni che può avere.
Non solo snackini
Nella mente di gran parte degli umani, premio = snack e i cani hanno generalmente sempre un buchino pronto per una squisitezza per cui il cibo è diffusamente usato come rinforzo. Due cose sono meno note: una è che per i cani il cibo non è il rinforzo a cui tengono di più – è scientificamente provato che l’approvazione dei loro umani vale ancora di più; la seconda è che tante altre cose si possono usare come rinforzo, da una carezza ad uno sguardo di amore ad un gioco nuovo ad una sessione di gioco. Il cibo è efficace e comodo ma non è l’unico rinforzo e in qualche modo sminuisce il cane e la sua relazione con l’umano.
Punire comportamenti desiderabili
Ma cosa dici? Ma che idiozia! Ma chi fa mai una cosa del genere? Prima di esplodere ricordiamo che esiste il meraviglioso mondo dell’inconsapevolezza. Il punto è che un comportamento che porta conseguenze non apprezzate ha meno probabilità di essere ripetuto (e ha anche senso, perchè fare qualcosa quando sai che ha conseguenze spiacevoli?) e queste possono esserci anche quando gli umani non vogliono consapevolmente infliggerle. Alcuni esempi dovrebbero aiutare a chiarire la questione.
Al parco, il cane sta giocando e si sta divertendo, lo si chiama, arriva e zac, è messo al guinzaglio e portato via. Ecco che il suo comportamento desiderabile – rispondere al richiamo – è stato ‘punito’ – guinzaglio e via dal parco. La creatura associa un segnale (il richiamo) a qualcosa di spiacevole (guinzaglio e fine del divertimento) e in futuro sarà molto più restìo a rispondere. A casa (o al parco, o ovuque) si chiede al cane di lasciare qualcosa, il cane molla e l’oggetto viene portato via. La creatura impara che lasciare vuol dire perdere qualcosa, associa un segnale a qualcosa di spiacevole e in futuro sarà molto più restìo a farlo. In entrambi i casi (come in tanti altri ovviamente) c’è una soluzione. Nel primo, è accogliere la creatura che arriva con carezze e feste e dopo, si tratta di qualche secondo, mettere il guinzaglio. Nel secondo caso, si tratta di offrire qualcosa in cambio per quello che è stato mollato – lascia la scarpa ma guarda che bel gioco che porta lasciarla!
E’ molto importante assicurarsi che la conseguenza di un comportamento che si vuole che il cane impari sia piacevole e apprezzabile per la creatura.
Il tempismo
Quando si vuole rinforzare un comportamento si vuole essere certi di premiare quel comportamento non un altro che potrebbe averlo seguito nel giro di pochi secondi. Questo richiede l’immediatezza della gratificazione, qualsiasi essa sia (carezza, sguardo di approvazione, squisitezza, etc.). Facciamo un esempio: si vuole lavorare sul richiamo. Si chiama il cane > viene e si stende (magari è stanco o ha caldo) > lo si premia, convinti di aver rinforzato il vieni. In realtà il premio ha rinforzato lo stendersi. Una cosa a cui fare attenzione, quindi, è il tempismo della gratificazione.