‘Buono’ e ‘cattivo’ sono lo ying e il yang dei giudizi sui cani e come le colpe dei padri ricadono sui figli, il giudizio sui cani risale sui proprietari e solitamente i dispensatori delle perle sono i proprietari dei cani considerati ‘buoni’. Buoni sono considerati ad esempio i maschi che stanno con gli altri maschi senza problemi, i cani che non sono competitivi per i giochi, i cani che non ringhiano agli altri cani, etc. etc. etc.
Posto che giudicare i cani è un errore e che la categorizzazione popolare in buono e cattivo lascia il tempo che trova (quella fatta dai professionisti è ben altro discorso), è un dato di fatto che ci sono cani che nella ordinaria vita cittadina sono più facili – più ‘buoni’ nel credo collettivo – di altri.
Da cosa dipende? E’ un caso? Si può parlare di merito dei proprietari? Altro?
Con l’eccezione di alcuni proprietari veramente consapevoli, ma complessivamente sono ancora pochi, tendenzialmente i proprietari non hanno merito per quanto sono ‘buoni’ i loro cani. Anzi.
Il merito, se così lo si può chiamare, è dei cani che possono essere ad esempio molto tolleranti, pazienti, magari disinteressati, o molto repressi o addirittura impauriti per cui reagiscono meno di altri in situazioni simili.
Detto questo, avere un cane ‘buono’ è una fortuna come sembra?
Da un certo punto di vista sicuramente sì – come è più facile la vita con un cane che dove lo metti sta, dove lo porti va, con chiunque lo fai stare sta, qualsiasi cosa gli fai fare la fa, etc. etc.
Da un altro sicuramente no – non si approfondisce la conoscenza di un cane che non da problemi, lo si prende così come è e da un lato si rischia, anche in modo del tutto involontario, di imporre alla creatura situazioni e stile di vita che non si conciliano con la loro natura così come le apparenze potrebbero far pensare e dall’altro non si è portati ad imparare di più sui cani, su come sono ricchi ed articolati e come è speciale la loro relazione con gli umani e con il mondo in cui vivono.