Il clicker è uno strumentino manuale (si vede nella foto in alto) che premuto emette un suono tipico, una specie di click-clack.
Con i cani, l’uso del click seguito immediatamente da un premietto è un metodo di addestramento molto diffuso che si chiama clicker training.
I tantissimi fan del clicker training lo considerano e lo presentano come il metodo più efficace per addestrare i cani ma che lo sia veramente è un altro discorso.
E infatti pare che non lo sia.
Lo ha scoperto un gruppo di studiosi italiani la cui ricerca dal titolo ‘Can clicker training facilitate conditioning in dogs?‘ (‘Può il clicker training facilitare il condizionamento nei cani?’) è stata pubblicata sulla rivista scientifica Applied Animal Behaviour Science.
Ne abbiamo parlato con la Dottoressa Cinzia Chiandetti, professore di Psicobiologia e Psicologia Fisiologica presso il Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Trieste e lead author della ricerca.
Gentile Dottoressa, grazie infinite del tempo che ci dedica.
Grazie a voi per l’interesse nella nostra ricerca.
Quale idea dei cani c’è dietro il clicker training?
L’idea non è nuova, è quella del comportamentismo classico in cui, tramite il cosiddetto shaping si condiziona un organismo ad emettere una risposta per ottenere un premio (del cibo, ad esempio).
Si dice shaping perché il comportamento finale è complesso (appoggiare la zampa destra su un cono) e lo si raggiunge rinforzando passi intermedi del comportamento finale che si vuole raggiungere (ad esempio, l’animale guarda il cono, si muove verso il cono, urta il cono, tocca il cono con le zampe anteriori, ecc.).
Nel clicker training si aggiunge un segnale sonoro, l’inconfondibile e secco click-clack che avvisa il cane che sta per arrivare il premio perché l’addestratore aziona lo strumentino dopo che il cane ha fatto quanto volevamo (o una sua approssimazione) e prima di premiarlo.
Il cane apprende il significato di questo suono e lo traduce in una pre-ricompensa rispetto al premio che otterrà, subito o nel giro di breve tempo, perché ha compiuto l’azione che ci aspettavamo.
Perché i suoi sostenitori considerano il clicker training il metodo più efficace per addestrare i cani?
Quando degli addestratori cinofili me ne parlarono la prima volta, mi dissero che a loro avviso con l’uso del clicker il cane era più attento, imparava meglio e generalizzava prima quanto appreso ovvero trasferiva il nuovo comportamento in contesti diversi. Io però, al di là di cogliere gli ovvi vantaggi pratici, non capivo bene le ragioni teoriche per cui il clicker dovesse funzionare.
Mi spiego meglio: è chiaro che lo strumento emette un suono stabile, quindi sempre uguale a se stesso e di conseguenza ben riconoscibile dal cane ed è un suono forte, quindi udibile chiaramente anche da un po’ più lontano o all’aperto. Inoltre, ad un certo punto può sostituire, per un po’, il premio alimentare e quindi è possibile fare a meno di gratificare il cane con una crocchetta. Questo può avere il vantaggio di evitare anche di portarci appresso molto cibo o alimentare scorrettamente il cane.
Ma mi sfuggiva la ragione per cui dovessero esserci altri vantaggi che dalla descrizione si configuravano come cognitivi. Non ero persuasa: cosa c’è di diverso da usare un fischio o una parola?
Perché il clicker training si è rivelato non essere il metodo più efficace per addestrare i cani?
Quello che abbiamo fatto non è stato confrontare metodi diversi. Abbiamo confrontato l’efficacia del clicker accompagnato dal premio alimentare con quella di un altro stimolo acustico (la parola “Bravo”) sempre accompagnato dal premio alimentare.
Almeno nella nostra situazione sperimentale (il cane doveva imparare a fare una cosa che non aveva mai fatto prima: sollevare con il muso lo sportellino di un portapane), usare “Bravo” o “click clack” si è rivelato comparabile.
Siccome abbiamo usato la parola Bravo con un po’ di attenzione, cercando di produrla sempre in maniera uguale, abbiamo osservato che i due suoni hanno avuto la stessa efficacia. Forse nella pratica quotidiana la parola o il fischio risultano meno efficienti perché le persone non stanno attente a come usano questi segnali sonori, e ad esempio una volta è più forte, una volta meno convinto, ecc. Il click clack invece è standard.
Visto che nelle teorie classiche sul condizionamento operante non viene aggiunto uno stimolo acustico, basta il premio alimentare in seguito alla risposta corretta dell’animale, abbiamo anche provato a non usare alcun suono, quindi premiavamo il cane solo con il bocconcino di cibo e il risultato un po’ inaspettato è stata la somiglianza di prestazione dei cani addestrati con il solo cibo alle condizioni in cui usavamo “Bravo” o “click clack”.
Significa che il movimento stesso (ad esempio piegarsi per lasciare il premio nello stesso posto), con gli annessi rumori, è sufficiente per mettere in allerta il cane.
Abbiamo poi testato la questione della miglior capacità di generalizzazione con il clicker e si è rivelata un nulla di fatto.
Abbiamo chiesto ai cani di generalizzare la risposta appresa su un apparato diverso, a distanza di un po’ di tempo e non abbiamo trovato vantaggio a favore di chi era stato addestrato con il clicker. Non c’erano lavori così in letteratura: non si era confrontato un altro suono, solo la presenza del click clack con la sua assenza. E neanche in quel caso era stato trovato un vantaggio nell’apprendimento.
Il clicker è un di più, non è necessario.
Voi avete trovato che il clicker training non è il metodo più efficace per addestrare i cani. Questa scoperta rivela qualcosa di nuovo o comunque di poco noto sui cani e/o sul loro rapporto con gli umani in generale e i loro proprietari in particolare?
Dal punto di vista teorico non è un dato nuovo, ma molte volte i risultati che otteniamo in condizioni controllate non sono recepiti nella pratica cinofila, che spesso procede in modo parallelo. Negli ultimi anni ho osservato molta più attenzione alla divulgazione dei risultati ottenuti con metodi controllati, è molto importante anche il servizio che fate voi su questo blog.
Questo studio aveva lo scopo di chiarire i veri vantaggi nell’uso del clicker e la risposta è che ci sono, ma sono solo quelli pratici elencati prima.
Non ci sono vantaggi cognitivi.
Confutato che il clicker training è il miglior metodo per addestrare i cani, ce n’è un altro che prende il suo posto o in realtà ci sono più metodi tutti egualmente validi, ognuno più o meno efficace a seconda delle caratteristiche di ciascun cane?
Fatte salve le differenze, i cani prestano molta attenzione a quello che facciamo e leggono molto bene i nostri segnali ostensivi (come la direzione dello sguardo o l’indicare con il dito). Anche altre specie animali possono imparare guardando cosa fanno gli altri (dalle api ai polpi).
I cani traggono un enorme vantaggio da questa capacità dato che possono anche rispondere ad un nostro comando verbale per “copiarci”.
Quali caratteristiche deve avere un metodo di addestramento per funzionare?
Deve esserci precisione, tempismo, serve aver chiaro come portare il cane gradualmente a compiere l’azione complessa finale ma bisogna anche saper cogliere le differenze individuali.
Come c’è differenza tra diversi addestratori, c’è differenza tra diversi cani.
Il cane deve essere motivato quando ci apprestiamo a lavorare con lui.
Sono molti i fattori che giocano un ruolo fondamentale e che non possiamo sempre controllare. L’esperienza precedente, ad esempio, è cruciale.
La propensione di un cane a sperimentare e a mettersi in gioco dipende anche da quella. Ad esempio, andando nelle case dei proprietari che hanno collaborato con noi, abbiamo osservato che molte volte il cane è abituato a stare buono e fermo per ricevere una gratificazione.
Per far fronte alle differenze tra individui non c’è una ricetta, solo la sensibilità sviluppata nella pratica.
Alcuni studiosi hanno scoperto che per i cani l’apprezzamento del loro proprietario è ancora più importante del cibo. Può essere uno dei motivi per cui il clicker training non è superiore ad altri metodi per addestrare i cani?
Questo è un bellissimo dato. Studi che arrivano dalle scienze cognitive comparate hanno dimostrato che i nostri bambini nascono con una forte predisposizione a prestare attenzione a tutto quello che fa l’adulto, un vero e proprio modello da emulare anche se quello che fa non è propriamente sensato.
Qualche anno fa è stato condotto un esperimento strepitoso che ha confrontato scimpanzé e bambini: solo i bambini continuavano a copiare i gesti dell’adulto anche quando era evidente che erano inutili per recuperare la caramella da una scatola, come se l’apprezzamento dell’adulto fosse un premio maggiore di ogni altro.
Trovare che i cani hanno la medesima propensione ci dice che negli anni della domesticazione abbiamo selezionato questa caratteristica e in un certo senso abbiamo reso i cani simili ai nostri bambini.
Questa è una caratteristica in linea con altre che abbiamo modellato: i caratteri neotenici tipici di tutti i cuccioli (testa tonda, zampe grosse e simili) permangono in molte razze anche negli individui adulti e gli etologi ci hanno insegnato che sono la chiave che fa scattare in noi i sentimenti di accudimento. Come anche il gioco: eterni cuccioli nel voler tirare la treccia o riportarci la pallina.
E i cani sanno che ottengono le nostre attenzioni: in difficoltà davanti ad un compito, ci guardano chiedendoci aiuto…che puntualmente forniamo loro.
Dovremmo provare ad addestrarli gratificandoli con qualcosa di significativo per loro: giocare o incontrare altri cani, ad esempio.