Approssimativamente questo è l’aspetto del dialogo verbale tra un umano e il suo cane. L’umano lo inonda di parole, il quadrupede volenteroso lo guarda anche ma sul muso prevale uno sguardo interrogativo. Non che i cani non imparino parole – secondo Stanley Coren in media ne riconoscono 165 ma ce ne sono alcuni che ne imparano molte di più, celeberrimo è il caso del border collie che ne riconosceva 1000 – ma diciamo che non sono il loro forte. Ovvio? Nì.
La parte sì: se uno ci pensa è ovvio, in fin dei conti i cani non parlano per cui come possono le parole essere il loro mezzo di comunicazione principale?
La parte no: la realtà dice che non è così ovvio, perchè gli umani parlano ai loro cani.
Il risultato è il nì di cui sopra.
Visto che alla base di ogni buon rapporto c’è una buona comunicazione, si pone quindi la questione pratica, cosa capiscono i cani quando parliamo loro?
Se facciamo un discorso, non capiscono niente. Se usiamo singole parole, di cui abbiamo insegnato loro il significato (in altri termini, una parola = un’azione) capiscono. Tra il capire e il fare poi c’è di mezzo il famoso mare ma ne parliamo più avanti.
Per farsi capire dai quadrupedi bisogna essere coerenti, essenziali e calmi.
La coerenza: una parola deve voler dire sempre la stessa cosa se no il povero cane si confonde e se anche vuole soddisfare il suo padrone non può perchè in realtà non sa cosa deve fare. Il no – ad esempio, non salire sul divano, non salire sul letto, non grattare il tappeto – deve voler sempre dire che la cosa non si può fare. Come fa il cane a capire che non deve salire sul letto se quando sale gli si dice no no e poi si ride e lo si accarezza (e quindi gli si da attenzione e lo si incoraggia)? Non può capirlo. Ugualmente una parola legata ad un comportamento desiderato – ad esempio ‘vieni’ – deve essere sempre associata a qualcosa di positivo (un premio, una carezza, un complimento) mai ad una punizione.
L’essenzialità: una parola = un’azione. Se si condisce la parola essenziale con un mare di altre parole per il cane inutili si ottiene come unico risultato di annacquarla ed aumentare esponenzialmente le probabilità che il cane non faccia quello che gli si chiede.
La calma: i cani percepiscono gli stati d’animo di chi li circonda e hanno un ottimo udito. Gridare o sbraitare non fanno sì che senta meglio, hanno invece l’effetto di trasmettere agitazione – e quindi di preoccupare il cane e quindi di generare comportamenti opposti a quelli desiderati. Bisogna esprimersi in modo calmo e deciso, e senza gridare.
Il modo migliore per non essere capiti dal proprio cane è dare più significati alla stessa parola e gridarla insieme ad un fiume di altre parole per lui inutili (ad esempio improperi).
Il modo migliore per essere capiti dal proprio cane è:
– Una parola = un significato = un’azione
– Dire solo quella parola: ad esempio ‘vieni’, ‘no’, ‘seduto’, ‘bravo’ NON ‘brutto cagnaccio se non vieni ti mollo qui’ oppure ‘ti ho detto che no non devi fare questa cosa’ oppure ‘se stai seduto la mamma ti fa un sacco di regali’.
– Dire quella parola in modo deciso, calmo e sereno
Dicevamo che tra il capire e il fare c’è di mezzo il mare. Emblematico in questo senso è il vieni. Il cane conosce la parola vieni e sa cosa vuol dire. E’ al giardino e sta facendo qualcosa che gli piace – giocando, esplorando, annusando, qualsiasi cosa – il padrone lo richiama, lui si gira ma non torna. Perchè? Semplicissimo: quello che sta facendo è molto più interessante di quello che il padrone ha da offrirgli in cambio in quel momento…
Concludiamo. Le parole sono solo il più umano e il più limitato degli strumenti di comunicazione con il cane e in quanto tali devono essere usate correttamente sia nella forma che nella sostanza.